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Il datore di lavoro che accede alla casella di posta elettronica aziendale, in uso al lavoratore dipendente, non viola la legge sulla privacy e non commette reato.

Con ordinanza del 10 maggio u.s., il Tribunale di Milano ha disposto l’archiviazione di un procedimento penale a carico di un datore di lavoro, cui era stato contestato, da parte di una dipendente, di aver avuto libero accesso alla casella di posta elettronica, ove erano contenuti dei messaggi privati. Il Giudice a escluso la rilevanza penale del fatto sui seguenti presupposti: la casella di posta elettronica è un bene aziendale cui il datore di lavoro può liberamente accedere per garantirne l’integrità ed un uso corretto; il messaggio e-mail non ha la stessa natura della corrispondenza scritta, pertanto non può godere della medesima tutela assicurata alla seconda.

Il provvedimento del Tribunale di Milano si pone in netto contrasto con l’orientamento seguito dal Garante della privacy in materia: secondo quest’ultimo, infatti, la posta elettronica deve essere assimilato alla posta cartacea e godere, pertanto, del medesimo grado di tutela. Nella fattispecie, l’indirizzo di posta elettronica era formato nei seguenti termini: nomecognome(del lavoratore)@ datoredilavoro.it. Il Giudice ha ritenuto che tali indirizzi di posta elettronica siano equiparati ai normali strumenti di lavoro della società, in uso ai dipendenti per lo svolgimento dell’attività lavorativa, e che costituiscano beni aziendali, nella titolarità esclusiva del datore di lavoro. L’ordinanza ha escluso, quindi, la rilevanza, nel caso di specie, della legge sulla privacy.