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La Corte di Cassazione riconosce all’affidatario del minore, vittima del reato, la legittimazione attiva a costituirsi parte civile nel processo penale.

Con sentenza n. 35121 del 27.9.2001, la Corte di Cassazione, sez. IV penale, ha riconosciuto la legittimazione attiva in capo agli affidatari familiari di un minore, deceduto per fatto illecito di un terzo, a costituirsi parte civile nel processo penale a carico dell’autore del fatto delittuoso. La Corte, precisando nella motivazione quali siano i presupposti per il riconoscimento della legittimazione attiva in capo agli affidatari, evidenzia l’importanza di “[…] una convivenza, tra adulto e minore, duratura, ininterrotta negli anni e caratterizzata dalla costante e premurosa assistenza dell’adulto nei confronti del minore […]”. La sentenza in commento si colloca nel solco dell’orientamento giurisprudenziale teso a riconoscere rilevanza giuridica alla famiglia “di fatto”, ovvero all’unione tra due conviventi, che si esplichi “[…] in una comunanza di vita e di interessi e nella reciproca assistenza morale e materiale”.

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso proposto dagli affidatari di un minore, vittima di un incidente stradale, avvero la sentenza della Corte d’Appello che aveva escluso la loro legitimatio ad causam. Secondo il Giudice di merito, infatti, gli affidatari non potevano vantare alcun diritto al risarcimento del danno patrimoniale e/o morale derivante dalla morte del minore. La decisione presupponeva il vincolo meramente affettivo che unisce l’affidatario e il minore ed il carattere di temporaneità dell’istituto dell’affidamento, che, a sua volta, è finalizzato al reinserimento del minore nella famiglia di origine. La Corte di Cassazione, con una inversione di tendenza, ritiene che in presenza di un rapporto duraturo, ininterrotto e caratterizzato da una costante e premurosa assistenza dell’adulto nei confronti del minore, inserito nella famiglia di quest’ultimo sin dalla tenerissima età, debba essere riconosciuto al rapporto stesso una valenza non solo affettiva, ma anche giuridica. E’ ragionevole ritenere, quindi, che dalla morte del minore derivi agli affidatari una sofferenza e un turbamento tali da legittimarli a chiedere il risarcimento delle conseguenze dannose. Diversamente, non troverebbe giustificazione il riconoscimento giuridico, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, della convivenza more uxorio, caratterizzata da stabilità, natura affettiva e para-familiare.