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Privacy: le banche possono comunicare a terzi le informazioni sui correntisti solo con il consenso degli interessati.

Con una decisione del 23 maggio 2001, il Garante della Privacy ha stabilito che le banche e il relativo personale devono mantenere il riserbo sulle informazioni relative ai propri clienti e non divulgarle a terzi, nel caso in cui manchi il consenso dell’interessato. Dal divieto sono esclusi i casi in cui la comunicazione dei dati avvenga in adempimento di obblighi previsti dalla legge o dal contratto, che vincola il singolo utente alla banca titolare del trattamento.

Il Garante della Privacy rileva che anche nei casi, previsti dall’art. 20 della c.d. “legge sulla privacy” (L. n. 675/96), in cui la comunicazione dei dati non necessiti di un previo consenso dell’interessato, il titolare del trattamento ha l’obbligo di accertare che la libera comunicazione non contrasti con il divieto contenuto in altra normativa di settore. Nel settore bancario, il segreto è un principio di portata generale, che discende dagli obblighi di buona fede nell’esecuzione del contratto, dagli usi e dalle consuetudini bancarie, nonché dal codice deontologico di settore e dalla contrattazione collettiva relativa al personale bancario. In sostanza, le disposizioni della legge sulla privacy, e in particolare l’art. 20 citato, non possono essere utilizzate per contrastare il rigore, che le banche devono adottare, nel mantenere il segreto sulle informazioni che riguardano i propri clienti. La banca titolare del trattamento, quindi, che senza il consenso dell’interessato, comunichi a terzi informazioni su un proprio cliente, porrà in essere un trattamento dei dati scorretto, pertanto in contrasto con l’art. 9 della stessa legge sulla privacy. Con la decisione, il Garante ha precisato che il consenso preventivo non è necessario nei casi i cui la comunicazione avvenga in adempimento di obblighi legali o contrattuali.