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Quali diritti ai genitori adottivi?

Con sentenza del 6 giugno 2002, il Tribunale di Milano ha stabilito che il richiamo contenuto nell’art. 45, D. Lgs. 26 marzo 2001 al “primo anno di vita” del bambino, in relazione alla possibile fruizione di permessi giornalieri retribuiti, non debba avere necessariamente ed unicamente una connotazione biologica. Nel caso di adozione, infatti, deve piuttosto indicare il primo anno successivo all’ingresso in famiglia del bambino, e ciò a sostegno della mutata concezione delle relazioni familiari, nelle quali si è affermata l’uguaglianza tra uomo, donna e bambini, e nelle quali la filiazione è vista come un fatto sociale ed affettivo, e non solo naturale.

Nel caso di specie, una lavoratrice chiedeva che fosse accertato il suo diritto a fruire dei periodi di riposo giornaliero retribuiti, di cui agli art.10, l. n. 1204/71 e art. 3, comma 5, L. n. 53/2000. Il giudizio veniva preceduto da una fase cautelare nella quale la domanda veniva rigettata, mentre in sede di reclamo, la stessa veniva accolta dal giudice il quale dichiarava che “il richiamo al primo anno di vita del bambino, previsto legislativamente in caso di filiazione biologica, non può che tradursi, nel caso di adozione, in un richiamo al primo anno successivo all’ingresso in famiglia”.
Tre mesi dopo la decisione del Tribunale del reclamo entrava in vigore il T.U. delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità, il quale espressamente indica che i riposi giornalieri retribuiti spettano “solo nel primo anno di vita del bambino”. Si è posto quindi il problema di valutare la validità o meno di quanto asserito dal giudice del reclamo rispetto al nuovo dettato normativo. L’attenta valutazione della situazione legislativa e l’obbiettiva mutata concezione delle relazioni familiari, per la quale la filiazione è oggi vista come un insieme di situazioni equiparate, date dall’intreccio di opportunità biologiche personali e decisioni di ricorrere all’adozione, ha portato il Tribunale di Milano ha riaffermare quanto stabilito in precedenza dal giudice del reclamo prospettando così una “seconda nascita nella storia biologica dell’individuo”.