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La Corte di Giustizia delle Comunità Europee interviene in materia di marchi.

Nella causa C-299/99, tra la Philips e la Remington, la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha emesso la sentenza n. CJE/02/55, depositata il 18 giugno u.s., che ha l’effetto di uniformare, su tutto il territorio europeo, l’applicazione della Direttiva comunitaria sui marchi (n. 89/104/Ce), fino ad oggi lasciata alla interpretazione giurisprudenziale dei singoli Stati membri. Con la pronuncia in commento, la Corte di Giustizia ha precisato che: 1) la direttiva europea in materia di marchi pone due condizioni affinché un segno possa assurgere a marchio d’impresa: da un lato, quest’ultimo deve avere l’attitudine ad essere rappresentato graficamente, dall’altro deve avere forza distintiva dei prodotti dell’impresa, ai quali viene associato; 2) qualora il giudice nazionale ritenga che il consumatore riconduca un prodotto ad una determinata impresa, in virtù del marchio che lo contraddistingue, deve ritenersi realizzata la condizione per la registrazione del marchio stesso; 3) la normativa comunitaria esclude la registrazione di un segno quale marchio, qualora quest’ultimo abbia ad oggetto una forma che incorpori una funzione tecnica.

La Court of appeal inglese si rivolgeva alla Corte di Giustizia Ue per avere una interpretazione autentica della Direttiva europea in materia di marchi d’impresa. La questione controversa riguardava la capacità distintiva, quale marchio d’impresa registrato, della parte superiore del rasoio, creato nel 1966 dalla Philips. La Remington, impresa concorrente della Philips, nel frattempo aveva iniziato a commercializzare un rasoio con una configurazione simile a quella utilizzata dalla concorrente. Fu proprio quest’ultima a chiamare in causa la Remington, per violazione del diritto di marchio, la quale, a sua volta, chiese l’annullamento del marchio registrato dalla Philips, sostenendo che il segno oggetto del marchio non aveva capacità distintiva. La Corte di Giustizia, interpellata, ha affermato che non ha capacità distintiva il marchio descrittivo e quello contenente parole di uso comune. Ha, altresì, precisato che tale regola può essere attenuata dall’uso che di un segno è stato fatto, tale da attribuirgli un carattere distintivo, di cui in origine non era dotato. In particolare, la Corte ha precisato che non può essere incorporato in un marchio una forma, le cui caratteristiche essenziali svolgono una funzione tecnica. Lo scopo di tale divieto consiste nel garantire, alle imprese concorrenti, la possibilità di commercializzare un prodotto che incorpori quella particolare funzione tecnica.