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L’invio tramite e-mail, senza il consenso del destinatario, di materiale pubblicitario a fini commerciali viola la privacy.

Con una recente pronuncia il Garante per la protezione dei dati personali ha accertato che l’invio non autorizzato (ovvero senza il consenso del destinatario), mediante e-mail, di materiale pubblicitario a fini commerciali è illegittimo ed espone il mittente ad un eventuale risarcimento del danno, il cui ammontare deve essere stabilito dal giudice ordinario. Con la medesima pronuncia, l’Autorità Garante ha altresì condannato la società autrice dell’invio di materiale pubblicitario a rifondere le spese affrontate dal consumatore ricorrente per il procedimento. Con una precedente pronuncia, il Garante della Privacy ha avuto occasione di pronunciarsi in merito all’utilizzo non autorizzato -perché privo del preventivo consenso del titolare dei dati personali- di un indirizzo di posta elettronica per l’invio di materiale pubblicitario ai fini di propaganda politica, in vista delle consultazioni elettorali.

Nel caso di specie, un consumatore ricorre all’Autorità Garante del trattamento dei dati personali avverso l’invio presso il suo indirizzo di posta elettronica di materiale pubblicitario a fini commerciali, asserendo di non avere espresso il consenso al trattamento dei suoi dati personali. Nel ricorso presentato al Garante, il consumatore non solo chiede la condanna della società mittente a cessare il trattamento dei suoi dati personali, ma ne chiede altresì la condanna al rimborso delle spese sostenute per l’introduzione del procedimento e al risarcimento del danno morale subito. La società, interpellata dal Garante, afferma di non avere nominato un responsabile del trattamento e di aver acquisito l’indirizzo di posta elettronica da una società di marketing. L’Autorità Garante, sulla base della presupposta violazione dell’art. 11 della legge n. 675/96, accoglie le richieste del ricorrente, condannando la società resistente ad interrompere l’utilizzazione dei dati personali, perché intrapresa in assenza del preventivo consenso del titolare dei dati personali, e ad astenersi da un ulteriore trattamento dell’indirizzo e-mail. In esito alle difese avanzate dalla società resistente, secondo la quale i dati della casella di posta elettronica sono contenuti in pubblici elenchi, l’Autorità Garante afferma che la circostanza della facile reperibilità dei dati non integra il requisito previsto dall’art. 12 della legge n. 675/96 per evitare la necessità del consenso.